Sono più di 4.500 le centrali idroelettriche attive in Italia. Di queste ben 3.483 si trovano nelle regioni settentrionali e contribuiscono del 15% alla produzione di energia elettrica sul territorio nazionale fornendo il 41% dell’energia proveniente da fonti rinnovabili.
Ne consegue che si tratta di una risorsa fondamentale in un’ottica di decarbonizzazione che viene fortemente minacciata negli ultimi anni dai cambiamenti climatici e dalla riduzione delle precipitazioni, soprattutto di quelle nevose.
Di fronte a questi scenari, quali strategie attuare?
Innanzitutto, una prima strategia consiste nell’efficientamento delle centrali esistenti. Oltre a questo, tutte le nazioni si devono e promuovere la conservazione della biodiversità. Senza dimenticare la necessità di mantenere e possibilmente migliorare la capacità produttiva nei prossimi anni. Vediamo insieme come.
Cosa si è fatto fino ad ora?
Ci sono impianti idroelettrici che sono attivi ormai da secoli, ecco perché negli ultimi anni stanno prendendo piede nuovi progetti e strategie operative finalizzati alla riduzione dei costi, all’aumento della flessibilità, nonché al miglioramento del ciclo di vita delle centrali già esistenti.
Soprattutto negli ultimi decenni sono conseguentemente aumentati anche gli investimenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo del settore idroelettrico. Basti pensare che solo nel 2016 in Finlandia sono stati investiti circa 27 milioni di euro. Ma è con i fondi privati che l’UE raggiunge un primato assoluto superando anche Canada e Stati Uniti.
La presenza su tutto il territorio europeo di aziende produttrici di turbine e impianti ha fatto sì che a partire dal 2004 si sia registrata un’espansione continua del settore per un investimento che ha addirittura superato i 1000 milioni di euro complessivi. Un primato contro il quale riesce a competere solo la Cina che ha totalizzato circa 220 brevetti solo nel 2014.
In crescita sono anche i progetti di ricerca finanziati dalla Commissione Europea nel settore idroelettrico, volti in genere all'incremento della flessibilità degli impianti o al miglioramento della sostenibilità ambientale.
Tra questi, ricordiamo FitHydro (Fish Friendly Innovative Technologies in Hydropower) e X-Flex Hydro (Hydropower Extending Power System Flexibility) da poco più di 7 milioni di euro ciascuno.
Quali sono le strategie da attuare e le tecnologie da implementare nel prossimo futuro?
Tra le tecnologie più innovative introdotte recentemente per migliorare l’efficienza degli impianti, una menzione speciale meritano i meccanismi di controllo del flusso nelle turbine. Questi grazie alla possibilità di impostare una velocità di rotazione variabile e a sistemi di governo più avanzati, consentono anche di far funzionare la turbina in modalità di pompaggio.
Il primo grande impianto a velocità variabile commissionato in Europa è stato il Goldisthal nel 2004, equipaggiato con quattro 265-MW unità di pompaggio.
Le centrali con impianti di accumulazione sono la soluzione ideale per rispondere ai frequenti cambiamenti della scarsità e dei surplus di energia elettrica.
Essi infatti, grazie alla loro composizione strutturale, generano o assorbono gli eccessi a seconda delle necessità, con sistemi tecnologici in grado di avviare le pompe o le turbine in appena 30 secondi.
Inoltre, si stima che l’energia prodotta da impianti idroelettrici potrebbe aumentare di 42 TWh annui mediante l’implementazione della digitalizzazione a livello mondiale.
Questo perché attualmente solo il 42% della capacità realizzata prima del 1960 è stata ammodernata. Un intervento di efficientamento permetterebbe un aumento di potenza installata pari a 6,7 GW.
È possibile sfruttare le onde e le maree?
Il mare è una riserva energetica con un potenziale inesauribile e, attualmente, ancora poco utilizzato.
Per capirne l’impatto in termini energetici, basti pensare che se si riuscisse a sfruttare a pieno la forza generata dai mari e dagli oceani si potrebbe arrivare a coprire la totalità dei consumi energetici previsti dall’International Energy Agency (IEA) già entro il 2035.
Un'altra strategia perseguibile riguarda il potenziamento di siti storici con bassi salti, sbarramenti e mulini che potrebbero produrre un potenziale di 8.7 TWh/anno. Basti pensare che 6.8 TWh annui di elettricità potrebbero essere aggiunti solo migliorando le infrastrutture.
Dal momento che la realizzazione di grandi impianti in UE è ormai in fase di esaurimento, mentre in altre zone del mondo continua a essere in crescita (Cina, Sud America, Balcani), le opportunità di sviluppo di nuove tipologie di impianto rendono l’idroelettrico un settore ancora potenzialmente in crescita, soprattutto nell’ottimizzazione e nel recupero di barriere e impianti esistenti.
L’auspicio è dunque di utilizzare ben presto tecnologie di intelligenza artificiale che agiscano in linea con questi propositi che a tutt’oggi sono ancora solo marginalmente realizzati.