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Pannelli solari: le potenzialità dell’agro-fotovoltaico

Agrofotovoltaico
12 Aprile 2022

L’espressione agro-fotovoltaico si riferisce ad un settore, ancora poco diffuso, caratterizzato da uno sfruttamento di terreni destinati alla coltivazione agricola che viene combinato con la produzione di energia elettrica, attraverso l'installazione, sullo stesso terreno coltivato o anche adibito all’allevamento, di impianti fotovoltaici.

Questa modalità di sfruttamento permette di inquadrare gli impianti fotovoltaici non più come strumenti che promuovono l’autonomia energetica, ma anche come mezzi per integrare la produzione da fonti rinnovabili con le pratiche agro-zootecniche.
Per sostenere l’agro-fotovoltaico è necessario ripensare il modo in cui gli impianti fotovoltaici sono impiegati. Allo stato attuale, possiamo individuare due approcci differenti all’interno del settore:

  • Installazione di impianti agro-fotovoltaici con moduli che sono elevati ad una altezza tale da non ostacolare lo sfruttamento dell’intero perimetro lungo il quale si estende la superficie da coltivare
  • realizzazione di impianti a terra in cui le fila di moduli sono disposte ad una maggiore distanza rispetto a quelli tradizionali

Come nasce l’agrofotovoltaico?

Nel 1981 i due fisici Adolf Goetzberger e Amin Zastrow ebbero l’intuizione di combinare i collettori di energia solare e l'agricoltura per apportare vantaggi a entrambi i sistemi.
Nel 2004 il giapponese Akira Nagashima realizzò dei prototipi che avevano come obiettivo quello di migliorare le prestazioni venne migliorata la resa dei pannelli fotovoltaici ottimizzandoli per la produzione di energia elettrica.
Infatti, attualmente il Giappone si conferma leader di settore con oltre 1000 terreni coltivati con il metodo dell’agro-fotovoltaico, un trend che vede impegnati anche i Paesi dell’Asia Minore come Corea del Sud e Cina. In particolare, quest’ultima ricorre strategicamente all’agro-fotovoltaico per proteggere le colture nelle aree desertiche.
Ma quali sono i fattori da tenere in considerazione per la scelta dell’agro-fotovoltaico?
Anzitutto un primo mito da sfatare riguarda il preconcetto diffuso secondo il quale tali sistemi possano comportare rischi di danneggiamento per il territorio.
Le ricerche di settore hanno evidenziato che l’AFV migliora l'uso del suolo e l’efficienza nell'uso dell'acqua e delle colture.
Certamente non si vuole negare che l’implementazione dei pannelli fotovoltaici non debba tenere conto di fattori quali la tipologia di suolo, le risorse disponibili, la presenza di bacini idrici che possano eventualmente essere sfruttati, nonché la presenza effettiva di operatori che possano insieme concorrere per garantire la produttività e la sopravvivenza in termini economici degli imprenditori agricoli.
L’obiettivo è piuttosto quello di porre l’accento sul fatto che la produzione integrata di energia rinnovabile e sostenibile con le coltivazioni o gli allevamenti determina:

  •  un’ottimizzazione della produzione sia a livello quantitativo che qualitativo
  • un incremento dell’occupazione
  • l’ingresso di nuove tecnologie per la produzione di energia rinnovabile
  • integrazione delle soluzioni con l’ambiente
  • considerevole riduzione dei costi per gli utenti finali.

L’incremento dell’occupazione si declina su due fronti: presenza di forza-lavoro per la manutenzione dei pannelli fotovoltaici, unito alla manodopera destinata al mantenimento e alla gestione dell’agricoltura sul territorio.
II punto è che per integrare produzione agricola ed elettrica è necessario dar vita in nuovi sistemi sostenibili pensabili in un contesto di Agricoltura 4.0.

Cosa dice l’Europa

Gli impianti agro-fotovoltaici possono essere inquadrati all’interno di un quadro di interventi che ricorrono alla produzione di energia a impatto zero, nell’ottica di dare attuazione ai vincoli di transizione energetica entro il 2030.
Nello specifico il 10 novembre 2017, in Italia, è stata approvata la SEN2030, Strategia Energetica Nazionale che si basa su due principi cardine: la riduzione delle emissioni CO2 e la produzione di 30 GW di nuovo fotovoltaico.
Nel contesto nazionale il MISE (Ministero dello Sviluppo Economico), ha adottato il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC), che impone all’Italia di raggiungere obiettivi prefissati si dovrebbero circa 50 GW di installazioni impianti fotovoltaici entro al 2030, con unamedia di 6 GW l’anno.
Per questo l’agro-voltaico si configura come un’alternativa valida per accelerare il passo e arrivare quantomeno a rispondere al fabbisogno energetico annuo.
In particolare, la categoria degli impianti agro-fotovoltaici ha trovato una recente definizione normativa nella legge 108 del 2021 che inquadra gli impianti agro-fotovoltaici come  soluzioni integrate innovative con montaggio di moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di allevamento, anche consentendo l’applicazione di strumenti tecnologici che promuovano l’innovazione.
Inoltre, in base a quanto stabilito dalla legge, gli impianti devono essere dotati di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.

Casi reali: Italia tra i virtuosi

Nel contesto europeo i paesi virtuosi sono soprattutto stati come l’Austria, la Francia, la Germania ma anche Croazia e Danimarca.
Fiore all’occhiello sono i Paesi Bassi che hanno recentemente ricevuto un encomio per un innovativo impianto agro-fotovoltaico  che combina la produzione di frutta a quella di energia. Definito la soluzione più imponente e sofisticata d’Europa.
In Italia al di là delle sperimentazioni efficaci a Mantova e Piacenza dove l’agro-fotovoltaico trova spazio nelle coltivazioni della vite, una menzione speciale merita la più grande serra fotovoltaica situata a Su Scioffu, in provincia di Cagliari.
Per evitare che l’agro-fotovoltaico si riveli a lungo termine come l’ennesima opportunità non sfruttata è necessario, in conclusione, fare informazione specialmente sulle tipologie di colture che si sono dimostrate propizie all’implementazione di questi sistemi.
In base alle sperimentazioni sono in particolare le piante classificate come C3 a dimostrarsi efficaci. Queste effettuano la fotosintesi clorofilliana di giorno e consumano ossigeno di notte. Alcuni esempi sono: grano, girasole o anche tabacco.